Potare deriva dal latino “ putare ”, ovvero pulire, importante parola dalla quale si sono sviluppati termini che oggi giorno sono al centro dei nostri eloqui come com-putare riferito appunto al contare/calcolare o dis-putare e re-putare afferenti ad aspetti colloquiali: senza com-putare oggi saremmo tutti rovinati o forse, chi lo sa, staremmo meglio e senza re-putare probabilmente non sapremmo più di cosa discutere al bar.

Tornando al concetto originale, potare significa render puro, liberare la vite dai vestiti sporchi di una stagione, confessarla religiosamente così da poterla presentare candida e immacolata per un altro periodo di duro lavoro, sudore e bestemmie a profusione contro grandine e sventurate malattie.

La vite è una liana, un animale in gabbia da ammaestrare con la potatura, e quella che sto affrontando è la vite chiamata Glera celebre in questi ultimi anni tanto quanto lo Chanel n°5 o la cucina più amata dagli italiani, perché madre del vino più stylish del momento: il Prosecco.

Il Glera che ricama gli splendidi declivi tra Conegliano e Valdobbiadene annovera tra le sue peculiarità una vigoria elevata, produce infatti molte foglie, molto legno e frutti rigogliosi, quindi per riuscire ad ammaestrarlo non basta suonare il flauto attendendo che esca dalla cesta.

Le forme di allevamento del Glera – ovvero come la pianta viene indirizzata nella sua vita – sono generalmente il Sylvoz, il doppio capovolto e il Guyot scritte in ordine decrescente in base alla diffusione attuale nei vari terroir del Prosecco.

Imparare a conoscere questa pianta è come imparare una nuova lingua, riuscire ad interagire con essa grazie alle chiavi di lettura fornite attraverso il corso di potatura permette di impostare la vite verso un futuro sostenibile e un presente comunque ricco di soddisfazioni. Valutare il percorso migliore per il canale linfatico, scegliere il capo a frutto più vigoroso, tagliare il legno già vecchio e infruttifero, speronare il ramo nella posizione più consona preparandolo nella maniera migliore alla fioritura della prossima stagione, sono tutte operazioni non solo apparentemente “meccaniche” ma attenzioni degne del buon padre di famiglia. Potare è avere il potere di disporre sul futuro della pianta.

“ Dae fassìne no vien fòra l’uva ”, chiosa un rispettabile anziano contadino mentre di passaggio osserva le nostre operazioni di potatura, che tradotto significa più o meno cosi: “ Pulite tutta la pianta perché i rami vecchi non producono uva ”. Ad ognuno le proprie riflessioni.


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