Non stiamo parlando di un immaginario, ipotetico match tra László Papp e Primo Carnera, entrambi emblemi della storia della boxe, ungherese il primo, categoria pesi medi – italiano e peso massimo, più specificamente friulano, il secondo. Stiamo narrando di un conviviale incontro di “scherma enologica” dove ad incrociarsi agonisticamente sono i calici, o meglio dire gli steli, di vino Friulano (ex Tocai) e Tokaji ungherese.
Corsi e ricorsi storici vedono l’Unione Europea vietare per fini commerciali, nel marzo 2007, l’uso del nome Tocai al vino bianco che si produce in gran parte del Friuli Venezia Giulia, che diventa appannaggio del vino ungherese i cui antichi vitigni vengo coltivati nei dintorni della cittadina di Tokaj (senza la “i” finale), nella parte nordestina dell’Ungheria, vicino al confine con la Slovacchia: ebbene sì, giurano che dopo questa sentenza le bestemmie dei friulani si siano udite all’unisono sino lassù.
Il Tokaji si produce generalmente in due versioni, secca (szàraz) e dolce, la prima e meno diffusa spicca per l’elevata acidità, la seconda – chiamata Tokaji Aszú – è nota per la sua dolcezza ed è famosa in tutto il mondo. Si narra che Luigi XIV lo definì “Re dei vini, vino dei re”, in quanto i sovrani ungheresi solevano regalarlo ai reali di tutta Europa come strategia di Real marketing, tra il ‘600 e il ‘700.
Il Furmint è il vitigno principale dal quale si ottiene il Tokaji Aszú, e si divide in tre tipologie: furmint rosso, madarkas furmint e hollyagos furmint (queste ultime due sono quelle più utilizzate). Talvolta si può trovare anche una percentuale di uva Hárslevelü, in partnership con il Furmint, per la produzione del vino Tokaji e anche piccole parti di uva Muscat Lunel. La peculiarità fondamentale del Tokaji Aszú è che viene creato con le uve sopra citate attaccate dalla Botrytis cinerea – chiamata anche muffa nobile o muffa grigia – e si vendemmiano in più tranche da ottobre fino a gennaio man mano che le uve appassite vengono trasformate da questo particolare agente esterno, che ha la capacità di donare al vino una caratterizzante aromaticità: geniale quel tizio che dalla muffa è riuscito a ricavarne aspetti positivi. Nei migliori Tokaji tutte le uve utilizzate per la produzione devono essere aggredite da Botrytis, in quelli più commerciali non sempre è così. Inoltre l’Aszú si contraddistingue dal fatto che al vino base, non attaccato dalla muffa, viene aggiunta una pasta d’uva (pasta Aszú) generata appunto dagli acini botritizzati posti nella gerla chiamata tradizionalmente “Puttony“. Ogni gerla contiene all’incirca 20/25 kg di uva pari a 20 litri di pasta d’uva. Da qui nasce la classificazione del vino che in commercio viene venduto specificando il numero di puttonyos – da 1 a 6 – contenuti nel nettare: più puttonyos significa più concentrazione di residuo zuccherino contenuta nel vino (6 p. = 150 gr/l di grado zuccherino). Il vino viene stipato in barili di legno da 136 litri chiamati gonci.
Degne di nota sono anche le due versioni di Tokaji quasi introvabili sul mercato: il Tokaji Aszú Eszencia (oltre 180 gr/l di zucchero) e il raro Tokaji Eszencia, che prodotto nelle annate particolarmente eccezionali, può toccare i 700 gr/l di zucchero, molto viscoso, veniva usato in passato anche per scopi medicinali.
Parlando di Friulano bisogna resettare tutte le informazioni relative al Tokaji perché questo vino è esattamente il contrario del suo dirimpettaio ungherese: secco, equilibrato, non sensibile alla botrite, germogliamento e maturazione tardiva (una delle ultime varietà a bacca bianca ad essere vendemmiate). Predilige forme espanse di allevamento quali Casarsa e Sylvoz. Non è una varietà autoctona del Friuli, come si potrebbe pensare, ma si dice sia stato portato dalla Francia intorno all’epoca di dominazione napoleonica (fine ‘700). Il vitigno d’origine si chiama infatti Sauvignonasse – derivazione dal più celebre Sauvignon, del quale conserva alcuni tratti aromatici (aromi fruttati).
Il Friulano appartenente alla Denominazione Friuli Grave doc, dove il terreno è ghiaioso, ha delle note meno sapide rispetto al fratello prodotto sui Colli Orientali o sul Collio, dove il terreno è più marnoso/calcareo e meno permeabile, così da cedere al vino caratteristiche decisamente sapide e minerali. Il vitigno Tocai invece si può continuare a chiamare in questo modo senza rischiare beffarde sanzioni da Bruxelles, e in Italia talvolta si può anche trovare nella composizione di uvaggi specialmente nel Lazio e in Abruzzo quale taglio per la produzione di vini bianchi.
Degustazione
- Friulano, Cantina i Magredi, Doc Friuli Grave, 2013 : color giallo paglierino, nota floreale, sentori di drupacee (pesca e albicocca) e mandorla, fresco, equilibrato, permane la nota floreale al fin di bocca.
- Tokaji Aszú 3 Puttonyos, Oremus, 2007 : color giallo ocra, si percepisce il miele, la frutta candita e sciroppata, dolce, non troppo alcolico. Fondamentalmente impersonale.
- Tokaji Aszú 5 Puttonyos, Samuel Tinon, 2004 : color ramato, sentori di frutta caramellata, prugne secche e nota sulfurea. Molto denso, pastoso, dolce, decisamente più definito rispetto al 3 Puttonyos, con una decisa personalità, si percepisce anche una leggera mineralità.
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Venerdì 17 Aprile 2015 – ore 19:30 presso cantina i Magredi (Domanins-PN)
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Abbinati con: sfiziosità di Gelindo dei Magredi.
Mandi, Gab
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