Serata di degustazione particolare perché “alla cieca”, ci sono ben 5 vini “Incrocio Manzoni” nella versione 6.0.13 , con le bottiglie opportunamente avvolte nella carta stagnola così da evitare condizionamenti psicologici.
Questo istrionico nettare, chiamato anche Manzoni Bianco, è propaggine del vitigno creato dal Luigi Manzoni (1888 – 1968) – esimio agronomo di origini agordine (Belluno) – che nel periodo a cavallo fra le due guerre mondiali si dedicò scientificamente alla sperimentazioni di incroci da vitigni differenti per creare nuove varietà di uva.
Il suo laboratorio, nonché fonte di ispirazione, era nientemeno che la blasonata Scuola Enologica di Conegliano della quale il Manzoni fu anche Preside.
Il Prof. Manzoni inventerà una serie di nuove varietà tra le quali appunto la 6.0.13 in questione, frutto dell’indotta fecondazione tra il fiore del Riesling Renano impollinato dal Pinot Bianco. Presumibilmente il flirt non è avvenuto sotto un cielo stellato in un bucolico campo sperduto, ma nell’intimità di un apposito romantico involucro, nell’ ansiosa “manzoniana attesa” che il naturale amore facesse il suo mirabile corso.
Il risultato di cotanto ardore si traduce in un vino che possiede l’eleganza del Pinot Bianco con l’aromaticità tipica del Riesling. Non saprei se il 6.0.13 si possa propriamente definire un vitigno indigeno, di certo si può chiamare un “autoctono incrocio”.
Nel corso della serata vengono serviti ben 5 Manzoni Bianco provenienti da 5 zone diverse rimanendo pur sempre nell’hinteland Veneto, abbinati alla delicata frittata di erbette di primavera e al risotto con gli asparagi, il piatto stagionale per eccellenza. I terroirs scelti per la degustazione vanno dalle trevigiane Grave del Piave, passando per la zona di Pramaggiore al confine tra Veneto e Friuli, svoltando poi in fondo a destra per arrivare fino alle sponde del Garda, riva bresciana.
Le informazioni raccolte tra i produttori raccontano che la bottiglie prodotte si aggirano mediamente sulle 20.000 annue, con una resa in vigneto che oscilla tra i 60 / 70 quintali per ettaro; generalmente quest’uva viene vendemmiata tra fine agosto e metà settembre. Il vino prodotto dà le sue migliori caratteristiche gusto-olfattive almeno 6 mesi/ 1 anno dopo l’imbottigliamento e solitamente può essere bevuto fino a 3 anni al massimo dalla sua messa in bottiglia.
Si dice che l’Incrocio Manzoni 6.0.13 sia quello più coltivato tra i cinque incroci creati e tra i suoi fratelli degni di nota si segnalano il 2.15 frutto della fecondazione tra il vitigno Glera ed il Cabernet Sauvignon, nonché il 13.0.25 nato dalla passionale storia tra il Raboso Piave e il Moscato d’Amburgo.
Ecco i vini degustati:
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27 Apr 2016 - Degustazioni
debbo constatare che i Manzoni, negli anni e in campi differenti, hanno dato ampia dimostrazione di saper molto ben controllare gli incroci, anche i più pericolosi, dando vita a vere e proprie delizie per la mente e per il corpo