Per un momento mi son sentito come gli istrioni Troisi e Benigni nel film “Non ci resta che piangere”: dopo aver imboccato una sperduta stradina ghiaiosa in mezzo alle verdi colline, parcheggio e scendo dall’auto. Ok, in questo caso non è come nel film quando il passaggio a livello si chiude e i due personaggi incredibilmente si ritrovano 500 anni più indietro nel tempo, però magicamente mi appare un borghetto di casupole che par di tornare ai tempi del Savonarola, anche se in realtà sarebbe più corretto parlare degli Scaligeri, contestualizzando la zona alla quale sono approdato.

Mi trovo tridimensionalmente proiettato in una splendida giornata primaverile, con quel sole tiepido e piacevole che scalda l’animo e ti fa finalmente scrollare di dosso gli ultimi, freddolosi cristalli gelati, residui dell’inverno appena trascorso.

Lanciando i primi sguardi al bucolico paesaggio che mi avvolge amorevolmente, quasi con atteggiamento protettivo, l’occhio coglie subito le larghe colline di forma “panciuta”, certamente placide, a tratti caratterizzate dai terrazzamenti – le cosiddette “marogne” in dialetto locale – che fanno da piedistallo ai vigneti di Corvina veronese, Corvinone, Oseleta, Rondinella, Molinara, tutti vitigni autoctoni atti alla produzione di vini rossi quali l’Amarone, il Valpolicella Classico e il Recioto.

Sono in Valpolicella, a nord di Verona, vicino al paese di Fumane in località Marega. Tra le diverse analisi etimologiche del nome, quella che mi è particolarmente piaciuta sembra derivare dal latino Vallis-polis-cellae , ovvero “valli dalle molte cantine”. Infatti in queste colline fin dai tempi antichi si coltivava la vite e si produceva vino, ed inoltre questa è una zona importante per le colture degli ulivi, delle ciliegie, delle pesche…

Dopo aver finito di scrutare il paesaggio, come un cane che inizia a segnare il territorio, scorgo in questo rurale borghetto l’Azienda Agricola Monte dei Ragni di Zeno Zignoli.

Entrando nella stanza di degustazione della cantina sembra quasi di stare in un posto contemplativo, una mistica cripta di pietra, e in effetti anche il personaggio che siede dinnanzi a te, intento a farti cogliere la propria filosofia di vita – e di conseguenza anche quella dei suoi vini – rispecchia fedelmente tutto ciò. Così, di primo acchito, Zeno mi sembra un incrocio tra il Maestro Yoda e il Drugo Lebowski. Non ci resta che ascoltare.

Inizia narrando di mescita dei vini, perché mescere vuol dire mescolare – non versare – infatti nel periodo romano gli osti dovevano, per legge, mescolare il vino con l’acqua: sia perché il vino dava troppo alla testa, sia perché di acqua pura (e non inquinata) in città ce n’era poca e paradossalmente costava più del vino. Che figata!

Poi, il nostro interlocutore sposta il dialogo (monologo?) sulla moderna agricoltura industriale, che fornisce cibo scadente e non crea alimenti da mangiare ma solo cose da vendere, facendo anche ammalare le persone e concorrendo così alla crescita del pil (dal punto di vista finanziario più ci ammaliamo e più crescono i profitti per qualcuno, ai danni della moltitudine).

Imboccando i binari enologici, Zeno sciorina qualche profonda massima chiosando così “quando tu fai il vino stai dimostrando ciò che sai” ma in realtà “E’ il vino che potrebbe insegnarti un sacco di cose, non imponendo la tua visione ma ascoltando la sua e comprendendolo”. Dal punto di vista “zenologico” ci sono mille modi di fare il vino, di cui, solo uno con l’uva. Ecco scoccata la frecciatina.

Zignoli non produce vino da vigne che non abbiano compiuto almeno 10 anni di età e il suo Amarone più giovane, quello del 2009, che sto sorseggiando con disincanto mentre attento lo ascolto, ha riposato 4 anni in tonneaux, e 2 anni abbondanti in bottiglia. Si coglie in bocca il tannino giovane, la bell’acidità e una stuzzicante nota di caramello. Le uve sono appassite con il metodo dell’appassimento verticale, vengono fermentate in botte con lieviti indigeni, spostate in acciaio per qualche giorno mentre vengono lavate le botti, per poi tornare a cullarsi nel legno. Un pizzico di solforosa viene aggiunta perché dice Zeno “per me il vino è il vino, e l’aceto è l’aceto”. Monte dei Ragni – 2 ettari vitati in tutto – produce anche una curiosa Garganega (con vigne di 90 anni di età) vinificata in anfora, senza macerazioni sulle bucce.

Potrei scrivere paginate e papiri sulle gesta di Zeno Zignoli, ma consiglio una visita nel suo eremo per risvegliare la coscienza critica che alberga in ognuno di noi e per farsi quattro genuine risate sotto i colpi spontanei della sua puntuta ironia. Sorseggiare il vino di Zeno significa bere della sua saggezza, assaporare la terra che coltiva e partecipare ad un momento di conviviale cabaret.


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