Vino che allieta il cuore dell’uomo” (Salmo 104, 15) è l’incipit simbolicamente più adeguato a descrivere l’evento avvenuto di recente a Venezia presso il convento di San Francesco della Vigna, dove è stato posto l’accento – o meglio, il calice – sui molteplici significati che connettono il vino con la religione ebraica e cristiana: un modo per disvelare il potere sacro e mistico di questa bevanda, oppure, dal punto di vista “terreno”, come farsi una bevuta con la solenne benedizione di Nostro Signore.

Esordisce al convegno il Prof. Gianpaolo Anderlini (studioso di Ebraismo e scrittore) che spiega come nel Salmo sopra citato (104, versetti 14-15) emergono tre elementi fondamentali per la cultura enogastronomica dell’uomo; pane e vino declinati come nutrimento, si può dire infatti che il vino era considerato un vero e proprio “integratore alimentare” al contrario dell’idea odierna dove viene percepito con un valore per lo più“edonistico”, e olio che, testuali parole, “fa brillare il volto dell’uomo” in quanto utilizzato anche come prodotto cosmetico. Inoltre il potere mistico del vino viene espresso nel Talmud con questa frase: “Quando entra il vino, esce il mistero” questo perché nella simbologia ebraica il vino ha valore numerico pari a 70, numero che corrisponde allo stesso valore che ha la parola “mistero”; che è il significato più profondo della parola di Dio, ciò spiega come, di conseguenza, il vino assume un rapporto diretto con questo significato mistico.

Si ritrova il valore sacro del vino anche nella festa, come ad esempio la celebrazione del Pèsach (Pasqua) dove è obbligatorio abbeverarsi di quattro coppe di vino mentre viene ritualmente letto il racconto dell’esodo degli Ebrei dall’ Egitto. Oppure nella festa dello Shabbat (sabato), da santificare con un bicchiere di vino servito nella coppa del quiddush. Invece nella festa del “Purìm” che – purtroppo o per fortuna – si tiene solo una volta all’anno, è addirittura concesso di alzare il gomito e lasciarsi andare, in maniera un pochino trasgressiva, verso una “solenne ubriacatura”, il tutto sempre concesso sotto l’egida della benedizione di Dio. Da segnalare inoltre un dato molto curioso: la parola vino (yayin) si ritrova scritta esattamente 130 volte nel libro del Vecchio Testamento.

Per quanto riguarda la tradizione Cristiana, il sommelier Mauro Carosso decanta il significato del vino come portatore di “Allegria del cuore e gioia dell’anima” ed altresì viene attribuito al vino un simbolo di amore umano, sapienza e saggezza (dal libro del Cantico dei Cantici dove si trovano il maggior numero di citazioni sul nettare sacro), ma attenzione perché “se bevuto smodatamente porta alla dissennatezza”.

Da notare che il primo miracolo compiuto da Gesù viene raccontato nel Vangelo di Giovanni (2-11) ed è in riferimento al vino con le famosissime “Nozze di Cana”: infatti una festa di nozze in cui venga a mancare il vino perde totalmente i connotati del significato sacrale e profondo della festa stessa. Ecco quindi che Gesù trasforma l’acqua in vino per la gioia di tutti gli avventori!

Famosissima è la frase di Papa Francesco che da qualcuno può essere evocata come un incitamento all’alcol ma vuole invece apparire una celebrazione del vino inteso come simbolo dell’identità Cristiana (e italiana): ”Il vino esprime la squisitezza della creazione, allieta il cuore ed è immagine del dono dell’amore nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del divino”.

L’apice del significato religioso, ascetico e sacrale che connette il vino con la tradizione Cristiana si ha nell’ultima cena quando Gesù nella santa eucarestia invita gli apostoli a bere il vino paragonandolo al suo sangue e a cibarsi del pane comparandolo al suo corpo perché “Chi riceve il mio corpo e il mio sangue entra in me ed io in lui”.

Dopo gli interventi di Padre Epifanios giunto direttamente dal monastero di Mylopotamos che si trova sul sacro Monte Athos in Grecia per spiegare come vengono coltivati e prodotti i loro vini e di Padre Norberto Villa che è il nostro parallelo nazionale nella produzioni di vini nell’Abbazia di Praglia sui Colli Euganei (Padova), l’evento si è spostato dalla bellissima chiesa di San Francesco della Vigna (dove fra l’altro i padri qui producono 2.600 bottiglie di ottimo Teroldego) agli ameni chiostri interni per le degustazioni di vino Kosher dall’Israele, dalla Germania e altre simpatiche chicche ancora mai assaggiate tipo il vin santo toscano prodotto da Rocca di Montegrossi.

Cos’altro aggiungere quindi: prega, lavora e bevi buon vino!


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