Parlare di Venezia è come conversare sull’amore, sull’amicizia, sulla felicità… Non c’è tempo presente o passato che riesca a disunire queste nobili trattazioni perché sono di per sé argomenti classici, sempre attuali, eterni. Questa premessa è l’ancora che mi fa riagganciare ad un’avventura enoica di qualche mese fa, della quale anche se già passato un pochino di tempo, sento la profonda spontaneità di scrivere qualche pensiero. Quando lo scorso agosto mi sono pavoneggiato dinanzi ai miei fedeli amici ‘campagnoli’ raccontando di essere andato a Venezia per vendemmiare, ho potuto chiaramente interpretare nei loro sguardi espressioni miste di incredulità, presa per i fondelli, curiosità, scetticismo; a Venezia infatti non si incontrano ‘solamente’ i più bei musei, chiese, campi, campielli e bàcari del mondo bensì nascoste qua e là tra le innumerevoli isole della laguna, oppure all’interno dei giardini di chiese e conventi della città, si possono scorgere rigogliose vigne antiche – talvolta a piede franco – segno tangibile che l’antropizzazione del luogo passa universalmente attraverso il legame indissolubile tra l’uomo e la Vitis Vinifera. Dalle pendici del Monte Ararat dove migliaia di anni fa Noè piantò la vigna non appena le acque del diluvio si ritirarono, fino all’Isola di San Michele a Venezia il fil rouge è sempre l’acqua, o meglio, il vino! Trovarsi catapultati all’interno di quest’isola, seguendo le orme di Gian Antonio, uno dei soci fondatori dell’Associazione “Laguna nel Bicchiere – Le vigne ritrovate” ha un che di spirituale, mistico e anche un po’ tenebroso visto che per giungere all’interno del brolo dove si inerpicano leggiadre le viti, bisogna entrare attraverso il famoso Cimitero Monumentale di San Michele, dove dimorano in pace illustrissimi personaggi tra i quali il poeta Ezra Pound, il compositore Igor’ Stravinskij, “taca la bala” Helenio Herrera

Il giardino interno dell’Isola di San Michele è la classica oasi di pace suddivisa tra tappeti erbosi, un orto, ulivi e vigne secolari “a pergola” che si inerpicano verdeggianti delimitando buona parte del perimetro di questo luogo ameno: armati di scale e di forbici, la cosmopolita squadra di vendemmiatori della quale faccio orgogliosamente parte, si appresta a raccogliere l’uva selezionando la più matura e lasciando sulla pianta quella che verrà poi vendemmiata più in là nei giorni, in una seconda fase di raccolta. Una volta riempite le prime cassette, la solerte squadra addetta al controllo dei grappoli effettua l’ispezione eliminando le eventuali “parti verdi” dall’uva appena raccolta e consegnando successivamente i preziosi frutti alla squadra addetta alla spremitura a mano: attraverso una “tramoggia” di legno, gli acini vengo schiacciati dolcemente dalla pressione esercitata dalle mani in maniera tale che il mosto zampilli immediatamente all’interno del tino (alcuni grappoli vengono pressati anche coi piedi).

Il mosto verrà poi depositato e vinificato nell’antica cantina del Convento dei frati francescani, edificata intorno al 1.500: pensate, è l’unica cantina ancora in funzione a Venezia risalente a quel periodo storico, un luogo leggendario, da pelle d’oca!
Il vino prodotto da queste antiche vigne ritrovate nella laguna veneta, proveniente sia da uve a bacca bianca (in maggioranza) che a bacca rossa, non viene addizionato di solforosa né di additivi enologici e non viene filtrato: oltre all’Isola di San Michele (Dorona-Malvasia-Glera), l’uva utilizzata per le vinificazioni proviene dalle “vigne ritrovate” di Malamocco (Merlot-Trebbiano), da S. Elena, dalla Giudecca (Lambrusco Marani-Carmenere-Merlot-Cabernet Franc-Malvasia bianca) e dalle Vignole (Verduzzo dorato-Glera-Dorona-Bianchetta-Malvasia). I vini bianchi svolgono una macerazione di qualche giorno sulle proprie bucce, i rossi vengono affinati in legno o anche in anfora: questi nettari “lagunari” coinvolgono i sensi del gusto e dell’olfatto con i propri sapori salini, di ‘salso’ e tannici in maniera unica, vibrante, spontanea.

Per il lodevole lavoro di ricerca e conservazione del patrimonio viticolo lagunare che da anni sta svolgendo l’Associazione Laguna nel Bicchiere in forma di volontariato sociale, mi concedo di parafrasare il titolo del celebre romanzo di Thomas Mann “Morte a Venezia”, con “vita a Venezia” o meglio “viti a Venezia”.


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