Per dare il titolo a questo scritto ho preso ispirazione dal racconto trasposto in film ‘Il curioso caso di Benjamin Button’, perché?
Perché poco tempo fa mi sono imbattuto nella degustazione del ‘Vecchie Viti‘ prodotto dalla Cantina Ruggeri di Valdobbiadene: per gli amanti del Prosecco Superiore DOCG – in versione metodo ‘Martinotti‘ – questo vino spumante da un paio di decadi è diventato una vera e propria pietra miliare, un’icona, un’immancabile must drink. Tornando al parallelismo con ‘Il curioso caso di…‘, questa degustazione del ‘Vecchie Viti‘ mi ha completamente sbalordito perché nell’immaginario collettivo del canonico bevitore di Prosecco è praticamente impensabile ordinare e consumare un prodotto che vada oltre l’anno di età (o due al massimo) dall’ultima vendemmia. Questa tipologia di vino non è assolutamente considerata da invecchiamento perché le sue migliori caratteristiche sono la freschezza, la facile beva, l’ammiccante semplicità del prodotto. Invece il Prosecco ‘Vecchie Viti‘ è esattamente l’opposto, è l’eccezione che NON conferma la regola, è il ‘curioso caso‘ nel quale più si va contro il tempo – in senso ‘antiorario’ – e più questa ‘bollicina’ si esalta ed evolve in maniera inconsueta e sorprendente; infatti la narrazione di Benjamin Button ci mostra che più passavano gli anni e più il personaggio rinvigoriva di salute, così il ‘Vecchie Viti‘ si comporta analogamente: la versione più giovane del prodotto nasce contratta e ha bisogno di tempo per raggiungere la ricca complessità gustativa apprezzabile invece nelle versioni provenienti da vendemmie più in là con gli anni.
Durante la verticale di ‘Vecchie Viti‘ organizzata dalla Cantina Ruggeri le annate in degustazione erano tre: 2021, 2017 e 2015 (per dovere di cronaca c’era anche il Prosecco DOCG ‘Giustino B.’ annata 2021 altro simbolo enoico della casa spumantistica di Valdobbiadene). Comincio col dire che il filo rosso che lega tutte e tre le annate è – al naso – un netto profumo di lieviti e – al palato – la clamorosa e persistente mineralità e sapidità chiaramente percepibili. Tutti e tre sono in versione ‘brut‘ con residuo zuccherino di 8 grammi/litro, 12 gradi alcool e vengono prodotti attraverso il metodo Martinotti con minimo 3 – 4 mesi di sosta sui lieviti.



-2021: al naso frutti e fiori bianchi, gelsomino, glicine, acacia, note di mandorla. In bocca note minerali, sapidità e solida acidità. Perlage delicato e persistente.
-2017: al naso sentori di miele, vaniglia, agrumi. In bocca mandorla, crema pasticcera, sapidità, più strutturato del 2021.
-2015: al naso stupisce per la freschezza floreale che emana, alla ‘cieca’ potrebbe addirittura sembrare più giovane del 2017, col tempo dal calice spiccano anche leggere note di liquirizia. In bocca note di camomilla, agrumi, mandorla, crosta di pane e una sapidità intramontabile.
Ora la domanda che potrebbe sorgere spontanea è: perché si chiama ‘Vecchie Viti‘? Nomen omen, in quanto l’uva per la produzione di questo ‘fuoriserie dei Prosecchi’ proviene dalla selezione di singole viti, di età compresa tra gli 80 e i 100 anni, situate nei magnifici declivi di Santo Stefano di Valdobbiadene e dintorni, anfiteatro collinare di origine morenica. La produzione è limitata, intorno alle 7.000 bottiglie per ogni singola annata, e la varietà di uve che compongono questo sublime Prosecco sono: Glera in maggioranza e piccole percentuali di Verdiso, Bianchetta e Perera (uve storiche locali).
Vite vecchia fa buon nettare!
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27 Apr 2016 - Degustazioni