I bambini di Choratan


Bambini Choratan Centro giovanile Mechitarista


Sono quasi sicuro che l’ultima volta che piansi è stato a causa di una donzella che mi ferì il cuore, situazioni di incomprensione-incoerenza-instabilità che come una corda ti legano l’anima e te la stringono forte forte fino all’improvviso soffocamento dei sentimenti: prima d’allora non credo di aver mai pianto in vita mia per una donna, e non avrei mai creduto di poter mettermi a frignare come un bambino innocente dinnanzi ad una “principesca” accoglienza ricevuta nel doposcuola/oratorio in un piccolo villaggio di poco meno di ottocento anime, Choratan, situato nel nord-est dell’Armenia, circondato da una tranquilla e rigogliosa natura che paradossalmente sembra sia lì a chiedere aiuto, tanto è dimenticato e lasciato a sé stesso.
L’ ”esegesi del mio pianto” è un argomento che mai avrei pensato di trattare – e siamo già a tre avvenimenti di stupore che mi sto stupendo anch’io di scrivere e cogliere in queste prime righe: infatti, il pianto in questione è stato il simbolo di un incontrollabile senso della mia disarmante piccolezza al cospetto di queste bambine e bambini che sprigionavano naturali cascate di immensa umanità già solo guardandoli negli occhi e recependo la loro spontanea timidezza nel vedere le nostre facce foreste giunte in questo ombelico del mondo, che si può tranquillamente definire “ombelico dell’ombelico del mondo” vista la non mastodontica dimensione della Repubblica di Armenia e la ancor più esigua estensione di questo villaggio. Non un pianto di lacerante dolore ma lacrime di indimenticabili e travolgenti emozioni nell’incontro di questi ottanta indifesi pischelli (ahimè alcuni pure orfani) e di qualche ragazzo e ragazza i cui grandi occhioni scuri lasciavano trasparire l’incrollabile fede verso un futuro migliore e la dignitosa richiesta di un qualunque aiuto. Ho capito che il peggior torto che si possa far loro è l’oblio.
La giornata è piovosa, il fango è una costante presenza lungo l’unica strada che conduce a Choratan, distante all’incirca 200 chilometri dalla capitale Yerevan, e situato a un paio di chilometri dal confine con l’Azerbaijan (nazione con la quale l’Armenia è ancora in guerra). Un villaggio rurale, agreste, bucolico, tanto immerso e schermato della natura quanto scordato dal guerrigliero mondo che impazza lì fuori!
Siamo a 1.200 metri slm e nonostante non sia ancora autunno inoltrato (la visita è stata effettuata il 30 settembre scorso) il freddo è già tagliente e la nebbia “a banchi” spunta minacciosa quasi a voler ricordare che quassù la vita non è affatto piacevole e confortevole come prendere un aperitivo al bar con gli amici.
Qui il nostro amico Edgar Kalantaryan, nativo di Choratan e vicepreside della Facoltà di Relazioni Internazionali all’Università di Yerevan, organizza periodicamente delle spedizioni – in collaborazione con i Padri Mechitaristi – per aiutare i bambini a ricevere le attrezzature delle quali hanno più bisogno: cibo, vestiti, personal computer, colori, materiale per lavorare a maglia…

Clicca l'icona qui sopra per vedere l'anteprima di " Kenats Noè, un viaggio alle radici del vino ", reportage fotografico del nostro viaggio in Armenia tra settembre e ottobre, in concomitanza con la vendemmia 2017.

Con un’ offerta (minimo € 10) per aiutare i bambini di Choratan, ti verrà spedita via posta direttamente a casa una copia di “Kenats Noè, un viaggio alle radici del vino 

Per info scrivi a: winealogue@winealogue.com / kenatsarmenia@gmail.com

Oltretutto, insieme ai suoi fedeli collaboratori (una dozzina circa), dal 2013 Edgar pianifica in questo “Centro giovanile Mechitarista“/ “Mkhitar youth center” dei corsi per donare ai pargoli del villaggio alcuni strumenti di vita che potranno garantire loro un futuro possibilmente più roseo e di pragmatiche aspirazioni. Il centro nasce nel 2001, tra mille difficoltà e mancanze di finanziamenti è ancora attivo in paese, e vuole offrire ai ragazzi del luogo una speranza di vita migliore tramite l’insegnamento di attività quali le tecniche del fare a maglia, il ricamo, la realizzazione artigianale dei tradizionali tappeti armeni, imparare l’utilizzo del personal computer, scuole di canto e di ballo…
L’ultima grande sfida che Edgar ci ha spiattellato su due piedi col suo fare pacato ma nello stesso tempo assai pratico, è quella di ristrutturare alcune stanze di questo Centro giovanile Mechitarista per adibirle a laboratorio linguistico del quale questi ragazzi hanno essenzialmente bisogno per imparare l’inglese, pena il dover fare a piedi 18 chilometri tra andata e ritorno per scendere nella città più vicina: visto che la maggior parte delle persone che vivono a Choratan non hanno nemmeno la possibilità di pagarsi un taxi, aiutarli nella realizzazione di questa aula linguistica è una sfida che nel nostro piccolo ci siamo convinti di poter perorare.
Trasformatomi per poche ore in “Peter Pan“, il mio amico Luca ed io ci siamo fatti prendere per mano dai bambini di Choratan e ci siamo immersi in questo contesto per capire e documentare il lavoro che Edgar sta formidabilmente portando avanti, tra lacrime di commozione e torrenti di vera umanità.
Se Cristo si è fermato a Eboli, Mechitar si è fermato a Choratan

Guarda il video del "Mkhitar youth center" di Choratan